mercoledì 25 novembre 2009

I tanti processi per amianto.
Il caso Montefibre di Pallanza

Lo chiamano sostanza killer, perché provoca malattie come il mesotelioma che non lascia scampo, o patologie croniche polmonari senza soluzione, come l’asbestosi, che causa insufficienza respiratoria, affanno, tosse continua. Un assassino subdolo, perché le sue vittime non muoiono subito, ma anni dopo averlo “incontrato”. Ma soprattutto un omicida onnipresente. È l’amianto che, oltre a colpire chi con esso ha lavorato, come in Italia gli operai Eternit, contro i cui dirigenti inizierà il processo a Torino il 10 dicembre, ha provocato stragi in tante industrie sparse sul territorio, dove veniva utilizzato negli indumenti che avrebbero dovuto proteggere i lavoratori dagli infortuni o come isolante.

È il caso della Montefibre di Pallanza (Verbania), ex Rhodiatoce, dal 1972 di proprietà Montedison, contro i cui dirigenti è iniziato il 6 ottobre il “processo bis”, ora in fase di udienza preliminare al Tribunale di Verbania. Un processo per omicidio colposo e lesioni personali che coinvolge 15 ex lavoratori dell’azienda che produceva nylon e rayon, morti per mesotelioma, e 9 operai che hanno contratto malattie asbestocorrelate. Imputati 16 dirigenti, alcuni dei quali già erano stati coinvolti nel primo processo per la morte di 11 operai. In quel caso il primo grado celebrato a Verbania si era concluso nel 2007 con un’assoluzione per 14 dirigenti perché, pur riconoscendo l’esposizione alla sostanza killer che nello stabilimento di Pallanza era utilizzato per la coibentazione di tubature e l’isolamento di impianti, il Tribunale di Verbania dichiarava l’impossibilità di attribuire la responsabilità ai singoli imputati che negli anni si erano susseguiti ai vertici dell’azienda. Una sentenza per molti scandalosa, ribaltata in secondo grado il 25 marzo di quest’anno dalla Terza sezione penale della Corte d’Appello di Torino che ha condannato gli imputati a pene tra gli 11 e i 20 mesi di reclusione. Si è in attesa ora della sentenza della Cassazione.

Nel “processo bis” alcuni nomi degli imputati ritornano, come quelli dell’ex presidente dell’Eni Giorgio Mazzanti, di Mario Valeri Manera, del Banco Ambrosiano, e di Alberto Grandi, ex amministratore delegato Montedison ed ex vice-presidente di Montefibre, altri cambiano. "Nell’udienza preliminare – spiega Laura D’Amico, legale delle parti civili e della Cgil – il Gup ha ammesso i congiunti dei morti, i lesionati e i loro congiunti, Cgil e Cisl di Verbania, Medicina Democratica, il Comune di Verbania, ma non la Provincia e la Regione Piemonte e nemmeno l’Associazione Italiana Esposti Amianto. Il secondo processo si è reso necessario perché le morti purtroppo continuano e continueranno ancora in futuro". Una sostanza come l’amianto provoca proprio questo, stragi diluite nel tempo che, senza l’impegno delle associazioni, rimarrebbero silenziose. "Uno dei grandi problemi riguarda i medici, spesso poco sensibili a segnalare casi di malattie che potrebbero derivare dall’esposizione all’amianto". L’udienza preliminare si aggiornerà il 25 febbraio.

Ilaria Leccardi di Terra Comune del 25 novembre 2009

sabato 14 novembre 2009

Ricostruire processi e casi giudiziari in tema di amianto. Ci prova Casale Monferato

Casale Monferrato città della sofferenza e dell’impegno, ma anche città all’avanguardia per la “cura” dei siti contaminati (più di 28mila i metri cubi di materiale bonificato) e per lo studio dei rischi derivanti dall’esposizione all’amianto. Tanto che, quando la Regione Piemonte ha dato vita a fine 2008 al Centro regionale per la ricerca, la sorveglianza e la prevenzione dei rischi da amianto, ha scelto come sede proprio la città in provincia di Alessandria. Qui, all’interno del Centro, da quest’estate ha preso il via un progetto affidato a Stefano Zirulia, ricercatore dell’Università di Milano, che va oltre alla dimensione prettamente medica, per puntare allo studio della materia giuridica, una delle più spinose per la mancanza di coordinamento delle procure sul territorio e di banche dati.

Un problema sottolineato anche durante la conferenza nazionale sull'amianto, tenutasi a Torino dal 6 all'8 novembre, dal Procuratore Generale della Repubblica di Firenze, Beniamino Deidda, che di questi temi si occupa da oltre 40 anni: «Tra i maggiori ostacoli nella lotta contro le malattie professionali c’è la difficoltà di fare arrivare nelle aule di tribunale le denunce avanzate all’Inail. Pochi i magistrati competenti in materia e pochi i medici che segnalano alle procure i casi di mesoteliomi e malattie legate all’amianto. Ma soprattutto è difficile risalire ai processi pendenti e alle denunce per i casi di malattia professionale, visto che i capi di imputazione vengono classificati solo genericamente come omicidio colposo».

Casale ha provato a rispondere anche a questo problema. «Abbiamo già attivato un servizio di newsletter e rassegna stampa sul sito dell’Asl di Alessandria (www.aslal.it, ndr) - spiega Zirulia - ma l’obiettivo principale è creare una banca dati giuridica, di libero accesso online, che contenga la giurisprudenza penale, civile e previdenziale sugli effetti dell’amianto sulla salute. Facciamo un lavoro di ricerca, ma vista l’insufficienza di fonti come banche dati giuridiche e riviste di settore, stiamo soprattutto interpellando giuristi, avvocati e associazioni delle vittime attive in tutta Italia. Opereremo anche sui registri dei mesoteliomi, per incrociare informazioni mediche e i loro sbocchi giuridici. Scopriamo ogni giorno che c’è moltissimo sommerso, non quantificabile. La tre giorni di Torino ci ha dato la possibilità di entrare in contatto con realtà e associazioni diverse e l’idea per il futuro è anche quella di unire le forze per un coordinamento di livello nazionale».