martedì 12 luglio 2011

Amianto ad Alessandria, botta e risposta tra il sindaco Fabbio e il comitato 'Ridateci il Teatro'

Così Tatiana Gagliano sul sito di RadioGold ha seguito gli ultimi sviluppi della vicenda del Teatro comunale di Alessandria, chiuso da 9 mesi per il ritrovamento di amianto. Ieri sera il comitato Ridateci il Teatro, che da mesi si batte per garantire un futuro all'istituzione alessandrina, ha tenuto una conferenza stampa all'esterno della struttura per esprimere la propria posizione e avanzare le proprie rivendicazioni alla luce degli ultimi sviluppi.

La polvere all’interno del Teatro Regionale Alessandrino ormai non è più solo quella di amianto. Dallo scorso ottobre nessun cittadino è più entrato nelle sale della struttura, fino a 9 mesi fa anima culturale della città di Alessandria. Le saracinesche continuano ad essere inesorabilmente abbassate e le porte sigillate. Il silenzio assordante che accompagna la vicenda del Teatro Regionale Alessandrino è stato di nuovo interrotto dalla voce del comitato “Ridateci il Teatro”. Dopo la notizia della chiusura delle indagini da parte della Procura e quindi la formulazione dei capi d’accusa per i quattro membri del consiglio d’amministrazione del Tra e tre dirigenti della Switch 1988, il comitato vuole avere delle risposte chiare.

Tante le domande rivolte soprattutto al primo cittadino di Alessandria, Piercarlo Fabbio, ma non solo. “Vogliamo innanzitutto – ha sottolineato ieri Margherita Bassini del comitato “Ridateci il Teatro”- che i dirigenti della Fondazione inquisiti rassegnino le loro dimissioni. Il sindaco Fabbio, prima della chiusura delle indagini, aveva confermato la sua fiducia alla Presidente Mancuso. Ma ora?”. Per Elvira Mancuso la Procura dovrebbe infatti chiedere il rinvio a giudizio per il reato di abuso d’ufficio, contestato anche al consigliere del Tra e rappresentante in consiglio di amministrazione di Amag, Lorenzo Repetto, Paola Bonzano, assessore alla cultura di Valenza, e Gianni Cazzulo, presidente del collegio dei revisori dei conti. Ma le responsabilità della Presidente, in base a quanto emerso dalle indagini della Procura, sarebbero inoltre aggravate dal non aver vigilato sulla sospensione delle attività durante le operazioni di rimozione dell’amianto in teatro.

Arriva indirettamente, tramite i nostri microfoni, la risposta del sindaco di Alessandria Piercarlo Fabbio. “Io scelsi una Presidente perché fosse un’operatrice culturale di buon livello. – ha replicato il primo cittadino - Scelsi un operatore, Franco Ferrari, perché fosse un operatore amministrativo di gran livello. Purtroppo le procedure amministrative non sono state rispettate. Mi pare, invece, che la proposta culturale del teatro sia di buon livello”. Dopo la stoccata all’ex direttore Ferrari e il positivo giudizio sull'operato della Presidente, il sindaco di Alessandria, Piercarlo Fabbio, ha rinviato al mittente un altro dei quesiti posti dal comitato. “Vogliamo sapere – aveva chiesto ancora ieri Margherita Bassini - se i soci della Fondazione Tra si costituiranno parte civile nell’eventuale processo contro i sette indagati”. Quesito, per il sindaco, rivolto al soggetto sbagliato. “Se ci sarà necessità - ha precisato Fabbio – lo faremo. Questa domanda va fatta in ogni caso all’avvocatura comunale. Non mi pare comunque che nessuno sia già stato rinviato a giudizio. Questo non è un aspetto che ci aiuta a risolvere i problemi. In questo modo possiamo solo individuare delle responsabilità, cosa che non spetta a noi ma alla Magistratura. Questo è un giustizialismo di basso livello”.

Il problema, quindi, è la bonifica e la riapertura del teatro. “A distanza di mesi – ha spiegato ieri Margherita Bassini del Comitato “Ridateci il Teatro” – non sappiamo ancora nulla sui lavori di bonifica. L’idea ventilata dall’assessore al bilancio di Alessandria, Luciano Vandone, di riaffidare i lavori alla Switch 1988 è assurda, anche se fosse a titolo risarcitorio”. Per la Procura di Alessandria, in effetti, tre dirigenti della Switch 1988 sarebbero colpevoli di “mancata adozione di provvedimenti idonei alla non diffusione delle fibre di amianto”. L’accusa da parte della Magistratura non sembra aver fatto cambiare idea al sindaco di Alessandria. “Innanzitutto – ha voluto precisare Piercarlo Fabbio – noi non “riaffidiamo nulla”. La ditta si è dichiarata disponibile a restituire i locali così come li aveva trovati. Una disponibilità che ci farà risparmiare due milioni di euro. Non si tratta di un affidamento dei lavori da parte dell’Amministrazione. Il Comune non sta scegliendo nessun soggetto,chiede solo di riavere il teatro nelle stesse condizioni in cui lo aveva affidato alla Switch”.

Tra le molte domande poste dal comitato “Ridateci il Teatro”, rimane ancora una volta quella del futuro dei nove lavoratori a tempo determinato con contratto, ancora una volta, in scadenza. “I lavoratori sono di nuovo a rischio. – ha ricordato Mauro Buzzi della Cgil – Il contratto scadrà il 31 luglio. Noi chiediamo, così come aveva scritto il sindaco di Alessandria al Prefetto che ci sia il rinnovo per tutta la prossima stagione”. Una promessa che dovrebbe essere mantenuta, se pur con qualche differenza rispetto a quanto dichiarato dallo stesso Piercarlo Fabbio in una conferenza stampa alcuni mesi fa. “A questi lavoratori potrebbe essere trovata una collocazione diversa. – ha spiegato il sindaco - La Giunta ha relazionato mercoledì su questa questione e una soluzione potrebbe essere stata trovata. Non c’è stata ancora nessuna delibera, quindi non ne parlo, ma mi sento di dare speranza a tutti”. Posto di lavoro forse confermato, ma sembrerebbe lontano dalle luci del palcoscenico del Tra. “I contratti – ha concluso il sindaco Fabbio – verranno rinnovati fino a giugno/luglio 2012, così come avevo già dichiarato. I lavoratori potrebbero però essere impiegati anche fuori dal teatro. Questo non è importante. Se uno và a lavorare in via Savona, piuttosto che da un’altra parte, l’importante è che vada a lavorare. La cosa fondamentale è garantire i posti di lavoro”.

venerdì 8 luglio 2011

Amianto alla caserma Valfrè di Alessandria: “E' il caso di ospitarci i centauri?”

Ad Alessandria l'amianto fa paura non solo al teatro comunale. In questo articolo di Ettore Grassano, da AlessandriaNews, si affronta la situazione alla caserma Valfrè, in pieno centro cittadino.

“Ma davvero, con tutto quell’amianto in precarie condizioni, è il caso di continuare ad organizzare manifestazioni alla Valfrè? A cominciare dai centauri, che un po’ di polvere la solleveranno pure, no?”. Matteo Bottino vive in uno dei palazzi che circondano l’ex caserma, nel cuore di Alessandria, e da mesi si sta battendo, insieme ad una trentina di altri abitanti del quartiere, perché sia fatta un po’ di chiarezza sulla situazione, e sugli eventuali rischi per chi vive (e respira) in zona. Il timore del gruppo di cittadini è legato alla probabile presenza all’interno della Valfrè di materiale in eternit, in particolare nell’area delle ex scuderie, dove le tegole si stanno sfaldando.

“Corso Cento Cannoni e vie limitrofe non sono proprio disabitate, e nei pressi c’è anche un importante plesso scolastico, pieno di bambini per 9 mesi all’anno. Possibile che si prenda la questione sottogamba?”. Bottino in realtà non mette in discussione l’impegno e la disponibilità degli addetti ai lavori dell’Ufficio Ambiente del Comune, ma ha parecchio da ridire sulla tempistica di verifica e intervento. “La vicenda – precisa – si trascina praticamente da un anno. Ora finalmente ci hanno comunicato che sarebbe in arrivo in questi giorni la tanto attesa relazione Arpa, in base alla quale pare (ribadisco pare: non abbiamo ancora avuto accesso agli atti) si stabilisca che una bonifica deve essere effettuata entro un anno, forse due. Ma bonifica totale o incapsulamento? Vedremo, speriamo ce lo dicano presto…”.

Il problema però, secondo Bottino e gli altri residenti, è che fare nel frattempo. Ha senso continuare ad utilizzare la struttura per iniziative di intrattenimento che tra l’altro attirano alla Valfrè migliaia di persone, assolutamente ignare della situazione? E il prossimo week end, in particolare, ha senso utilizzare ugualmente la struttura come punto di riferimento per la festa dei Centauri? “Nessuno mi sta offrendo risposte – spiega Bottino – e men che meno nessuno si prende responsabilità. Sto facendo la trottola tra Comune, Vigili, Asl e Arpa. Alla fine qualcuno dovrà pure farsi carico delle decisioni degli enti, o almeno così spero”. La situazione proprietaria della Valfrè, di proprietà del Demanio e in gestione al Comune, certamente nei mesi scorsi non ha aiutato ad accelerare la soluzione del problema. Vedremo se dopo il recente decisivo intervento dell’on. Maurizio Grassano per l’acquizione gratuita dell’immobile da parte di Palazzo Rosso, qualcosa cambierà nelle prossime settimane o mesi. Intanto i residenti attendono risposte concrete. Fiduciosi ma agguerriti.

mercoledì 6 luglio 2011

Il pm Raffaele Guariniello chiede vent'anni di reclusione per i vertici Eternit

L'articolo di Massimiliano Francia, da Il Monferrato del 4 luglio 2011, sulla richiesta di condanna chiesta dal pm Raffaele Guariniello nel processo contro i vertici dell'Eternit in corso a Torino.

Vent’anni di reclusione per ciascuno dei due imputati: questa la condanna appena chiesta dal pm Raffaele Guariniello al termine della lunga, appassionata requisitoria del pool dell’accusa al maxiprocesso Eternit. Dodici anni la pena massima prevista dal reato contestato, il disastro doloso, aggravata dalla continuazione: per i vertici Eternit, lo svizzero Stephan Schmidheiny e il belga Louis de Cartier, l’accusa principale è infatti di disastro doloso permanente per la diffusione dell’amianto.

Enorme l’inchiesta sul disastro causato da Eternit condotta da Guariniello con i magistrati Sara Panelli e Gianfranco Colace, per individuare i due responsabili della strage: lo svizzero Stephan Schmidheiny che ha governato la multinazionale della morte dal 1972 al fallimento e il barone belga Louis de Cartier de la Marchienne, che secondo l’accusa diresse l’Eternit a partire dal 1966 e fino a quando all’inizio degli anni Settanta subentrarono gli svizzeri. Furono loro – è la tesi dell’accusa – gli amministratori di fatto, i veri responsabili, coloro che facevano le scelte fondamentali che potevano influire e - di fatto - influirono, negativamente, sulla qualità dell’ambiente di lavoro e dell’ambiente di vita nei territorio in cui insistevano gli stabilimenti dell’Eternit al fine di prevenire malattie e infortuni.
Loro che adottarono una serie di condotte delittuose perpetrate nonostante la consapevolezza che avrebbero causato quella strage; circa tremila tra morti e malati, un numero enorme a cui occorre aggiungere un’altra dolorosa parola: finora! Perché il disastro non ha ancora finito di dispiegare i suoi drammatici effetti. Loro che fecero le scelte che hanno esposto i lavoratori, i quali si trovarono a svolgere le loro mansioni direttamente a contatto con la fibra killer, mettendo le mani nell’amianto blu per buttarlo nelle tramogge degli impasti - per fare solo un esempio - senza cautele e protezioni adeguate. Perché all’Eternit scarseggiavano persino le mascherine... Loro che hanno messo a rischio la vita e salute dei cittadini diffondendo materiali pericolosi - senza badare alle conseguenze - in cortili, asili, oratori, ovunque. Loro che hanno messo a rischio le mogli che lavavano le tute, a rischio i figli tenuti in grembo dalle mamme per allattarli, quando rientravano di corsa con il grembiule sporco d’amianto perché l’azienda non prevedeva alcun servizio lavanderia e i lavoratori rientravano a casa pieni di polvere.

Una responsabilità che non è cessata nemmeno con il fallimento perché a causa del grave, diffuso, doloso inquinamento causato in una intera città e in un intero territorio continua ancora adesso il pericolo causato decine di anni fa dai comportamenti delittuosi, secondo l’accusa, mantenuti con pervicacia e perseveranza fino all’ultimo. Non solo, ma con la consapevolezza del dolo gli imputati hanno operato con lo scopo di manipolare l’informazione, di ritardare la diffusione delle conoscenze scientifiche con strutture appositamente attrezzate e dedicate (il centro del dottor Robock a Neuss e lo studio di pr di Bellodi a Milano) e che sono costate milioni e milioni di euro. Stessa richiesta di pena perché in realtà secondo la Procura la gestione fu sempre condivisa, al di là di assetti societari che sono di fatto insondabili: una galassia di mille società in cui formalmente si può perdere la testa ma di fatto comandavano persone ben individuate.

Vent’anni di carcere più le pene accessorie: «interdizione perpetua dai pubblici uffici, incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione per la durata di anni tre anni, interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giudiriche delle imprese per la durata complessiva di anni dieci», ha scandito il pm Guariniello concludendo la propria richiesta. Soddisfazione al termine dell’udienza espressa da Romana Blasotti Pavesi, presidente della Associazione familiari vittime dell’amianto di Casale, cinque lutti in famiglia a causa dell’amianto, simbolo di una lotta che dura da trent’anni: «È una inchiesta condotta non solo con il intelligenza ma anche con il cuore. Credo che i familiari delle vittime possano essere soddisfatti».

di Massimiliano Francia