martedì 23 marzo 2010

Amianto, la conquista del Sud del mondo

Ci sono Paesi del mondo dove ad estrarre l’amianto dalle miniere sono le donne, e lo fanno a mani nude. Altri Paesi dove i governi negano e nascondono ogni forma di problema riguardante la pericolosità dell’amianto. Ci sono luoghi nei quali le multinazionali europee hanno siglato patti più o meno formali con i governi, dittature più o meno dichiarate, per portare avanti un’attività fatta di profitti e morte, disinteresse per la salute dei cittadini e dell’ambiente. Paesi in cui le polveri di amianto non sono considerate mortali, e nemmeno nocive, magari un po’ fastidiose per il respiro, ma comunque vengono viste come fonte di lavoro. La lunga mano dell’Eternit, e con lei di altre multinazionali dall’amianto come Saint-Gobain, a partire dagli anni ‘70, ha iniziato a lasciarsi alle spalle l’Europa per metter in atto una vera e propria colonizzazione dei paesi del Sud del Mondo. Lo hanno raccontato martedì diversi testimoni, nel corso della Conferenza organizzata dalla Iban (International Ban Asbestos Network) presso la sala convegni della Regione Piemonte, in corso Stati Uniti. Testimoni che si sono aggiunti ai loro colleghi europei, per raccontare storie di lotta e sfruttamento.

America Latina
In Brasile, ha spiegato Mauro Menezes, rappresentante dell’Abrea (Associazione Brasiliana degli Esposti all’Amianto), esistono alcune tra le miniere e le fabbriche di amianto più grandi al mondo. Un esempio è la città di Osasco, nello stato di San Paolo, fondata da emigranti italiani provenienti proprio dall’omonimo paese in provincia di Torino, dove ha funzionato per decenni uno stabilimento Eternit. Grande produttore ed esportatore, il Brasile ha visto moltiplicarsi le morti negli scorsi anni. E, nonostante le pressioni delle multinazionali e dell’Istituto Brasiliano dell’Amianto,i lavoratori sono riusciti ad ottenere una storica vittoria nel 2005: in seguito a una class action, il Tribunale di San Paolo ha condannato la multinazionale a risarcire 2.500 operai esposti. Inoltre l’Abrea è stata in grado di fare approvare leggi per la proibizione dell’amianto in diversi stati del Brasile, ancora non in tutti, ma l’impegno continua. Più difficile la situazione a Lima, dove il lungo governo Fujimori, con le sue politiche neoliberiste e repressive, ha bloccato ogni forma di azione penale volta a contrastare l’utilizzo e la produzione di amianto. Vietato solo negli ultimi anni, oggi questo minerale viene ancora commercializzato in Perù e, come ha mostrato Eva Delgado, dell’Asociacion frente al asbesto, in una serie di diapositive, è trasportato su camion scoperti. Oppure viene utilizzato per costruire baracche nei quartieri più poveri di Lima.

Asia
Nei Paesi asiatici, se possibile, la situazione è ancora peggiore. L’aspetto che più preoccupa è la difficoltà di reperire dati sulla roduzione, l’utilizzo e le morti provocate dall’amianto in Paesi come Cina, il maggiore consumatore e produttore mondiale, India e Thailandia. In Giappone la Eternit è arrivata con il nome di Japan Eternit Pipe, affiancandosi nella produzione a una serie di aziende locali. Grazie al lavoro delle associazioni si è riusciti negli ultimi anni ad avere una stima abbastanza precisa delle morti legate all’esposizione, nel 2007 ne sono state conteggiate più di 500, nelle varie imprese produttrici di amianto, ma sono dati molto parziali. Drammatica la situazione illustrata da Madhumita Dutta, riguardo all’India, dove la Eternit, oggi non più presente nel Paese, ha lasciato una dura eredità. Forti sono i contatti con il Canada, paese da dove l’India importa ogni anno più 300 milioni di tonnellate di amianto bianco. E dove ancora rimangono funzionanti miniere a cielo aperto, tra cui anche un sito nello sta to del Rajasthan di estrazione della pericolosissima tremolite, proibita in tutto il mondo. E poi l’amianto è presente nella navi, il cui smantellamento occupa decine di migliaia di lavoratori nello stato indiano del Gujarat. Da alcuni anni in Asia è attiva la Anroav, rete asiatica per le vittime delle morti sul lavoro. Si occupa di incidenti e malattie professionali, cercando di monitorare i vari Paesi e dedicando molte attenzioni all’amianto e alle altre sostanze nocive utilizzate spesso senza controllo. Qualche passo avanti si è fatto, come in Indonesia, dove si è riusciti ad avviare dei programmi di formazione per i lavoratori e il prossimo ottobre dovrebbe nascere la rete per la proibizione dell’amianto.

Ilaria Leccardi da Terra Comune

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