giovedì 18 febbraio 2010

C'erano i treni alla Magliola

A confronto con i numeri enormi di vittime e di richieste di parti civili del maxiprocesso Eternit (6.392 presentati nella quarta udienza svoltasi lunedì al Tribunale di Torino), tutti gli altri procedimenti per morti legate all’amianto celebrati in Italia sembrano piccole gocce nel mare. Eppure sono gocce importanti, perché la sostanza killer, lavorata nei quattro stabilimenti della multinazionale sul territorio italiano fino al 1986, è stata in realtà utilizzata in migliaia di altri luoghi di lavoro, almeno fino al 1992, quando fu varata la legge che ne vietava l’uso. L’amianto era usato come isolante, come materiale ignifugo, oppure, ironia della sorte, all’interno delle protezioni stesse, tute o guanti, utilizzate dagli operai per svolgere il proprio mestiere. Così era anche nell’azienda Magliola di Santhià, ditta impegnata nella riparazione e nella manutenzione di carrozze ferroviarie, per molti anni al lavoro per conto delle FS. Da alcuni mesi i suoi dirigenti, i fratelli Maurizio e Paolo Magliola, stanno affrontando un processo davanti al Tribunale di Vercelli nel quale sono accusati di omicidio colposo per la morte di due operai: Ettore Mosconi, assunto presso l’azienda dal 1981 al 2000, e Giovanni Rustichello, che tra le carrozze ferroviarie ha passato 33 anni, dal 1964 al 1997. Entrambi sono morti per tumori polmonari asbestocorrelati. A giovedì 11 febbraio risale l’ultima udienza, che ha visto protagonisti ex-operai in qualità di testimoni, pronti a raccontare le condizioni in cui per anni hanno svolto il proprio lavoro. La colpa dei fratelli Magliola consisterebbe nella mancata osservazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro e sulla difesa dalle sostanze nocive. Secondo quanto sostiene il pm Antonella Barbera, i dirigenti dell’azienda, che sta affrontando una dura crisi dagli ultimi mesi del 2009, non avrebbero fatto abbastanza per allertare i lavoratori, né per proteggerli durante le operazioni di coibentazione e scoibentazione delle carrozze, pur essendo stati informati sulla pericolosità dell’amianto dalle Ferrovie dello Stato fin dal 1980. Ettore Mosconi e Giovanni Rustichello sono soltanto due delle migliaia di vittime morte nel silenzio. Silenzio fatto di noncuranza e disattenzioni, volute o meno, da parte dei datori di lavoro, che in Italia si sono ripetute in centinaia di circostanze. A volte i morti sono state decine, altre migliaia. Oppure solo due. Ma tutte cercano giustizia.

Ilaria Leccardi da Terra Comune

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