venerdì 7 maggio 2010

Uppercut. Un pugno al razzismo

Naceur ha i capelli scuri, con qualche lieve sfumatura grigia. Nel corpo una forza esplosiva, la voce tonante, gli occhi profondi. È tunisino, cintura nera, quarto dan di Taekwondo. Ha fatto parte della Nazionale del suo Paese, partecipando alle selezioni per Seul 1988. Oggi insegna la sua arte nella palestra della Polisportiva Antirazzista Uppercut. Una realtà nata ad Alessandria nel 2007 nel Centro Sociale Crocevia, e che dall’aprile 2009 ha trovato una sede ufficiale in via Piave 65, nell’ex caserma dei Vigili del Fuoco, riuscendo a dare il via a diverse nuove attività.

Le grida degli allievi impegnati nell’allenamento si sentono fin dalla strada. Una popolazione mista di italiani e migranti, da bambini di 4-5 anni riuniti con altri giovanissimi in un corso specifico ai trentenni del corso per adulti. Si stanno preparando per una gara e per l’esame di cintura. Alcuni la indossano bianca, alcuni gialla, poi blu e rossa. Nera solo Naceur, almeno per ora. “Questo corso è il nostro fi ore all’occhiello”, sorridono soddisfatti Federica e Andrea, due dei ragazzi che hanno dato via al laboratorio sportivo e sociale di via Piave, diventato ormai un cuore pulsante della città. Non solo per le attività sportive che al suo interno si svolgono, ma per tutta una serie di iniziative rivolte alla popolazione italiana e migrante. Impegno politico e sociale, partecipazione attiva, condivisione.

Tutto inizia nell’ottobre 2008, quando un gruppo di ragazzi appartenenti a varie realtà alessandrine come il Centro Sociale Crocevia, il Movimento Studentesco, la Rete Sociale per la Casa e la stessa Uppercut, ancora agli inizi del suo percorso, affiancati dalla Comunità di San Benedetto di Genova (quella di Don Gallo, per intenderci), occupano lo stabile di via Piave, dismesso ormai da due anni, dopo il trasferimento dei Vigili del Fuoco in una nuova sede. La caserma è grande, costituita da diverse palazzine e da un corpo centrale che un tempo al piano terra ospitava uffi ci e al primo piano una palestra, non tanto grande e nemmeno nuova, ma in buono stato. Fino ad alcuni anni fa vi si allenavano i vigili del fuoco e gli atleti della storica Società Ginnastica Scapolan di Alessandria, costretti ad abbandonare l’impianto nel 1995. L’occupazione dura due settimane, poi i ragazzi indicono un’assemblea pubblica, il 17 ottobre. Un appello alla cittadinanza, al motto di “Abbiamo liberato uno spazio, ora liberiamo le idee!”, e una richiesta all’amministrazione provinciale, proprietaria dell’immobile.

“L’obiettivo era recuperare un luogo dismesso da troppo tempo e restituirlo alla città”, spiega Federica. “Volevamo uno spazio che fosse antirazzista, antifascista, antisessista e antiproibizionista. Insomma, uno spazio aperto a tutti. E così ci siamo dati una sorta di regolamentazione, per cui abbiamo deciso, ad esempio, di non bere e non fumare all’interno dello stabile. Un modo per dimostrare il rispetto verso culture e sensibilità diverse, e per permettere a tutti di avere accesso a questo nuovo ambiente e di viverlo nel migliore dei modi”.

In seguito all’assemblea, la Provincia concede lo spazio in comodato d’uso gratuito ai ragazzi e da quel momento partono i lunghi mesi di ristrutturazione. L’inaugurazione, il 24 aprile 2009, dà il via a tante attività: dai corsi di alfabetizzazione e lingua italiana per bambini, ragazzi e adulti stranieri, ai corsi di lingua araba e spagnola; dallo sportello legale a quello per la raccolta e distribuzione di vestiti; dalle attività della Rete Sociale per la Casa e dell’Associazione “Migranti Senza Frontiere” all’idea di dar vita a un laboratorio teatrale multietnico. Ma, soprattutto, la dinamica e vitale palestra, che, come le altre realtà, ha avuto un ruolo importante anche in occasione dello sciopero nazionale dei migranti, tenutosi in tutta Italia il 1° marzo e organizzato ad Alessandria a suon di assemblee che hanno visto protagonisti, oltre ai rappresentanti di tante associazioni di migranti del territorio, anche i ragazzi dei corsi, i genitori, gli insegnanti. In vista di quell’appuntamento la palestra era stata teatro di un incontro pubblico, il 13 febbraio, in cui è stato presentato l’evento ai cittadini e proiettato un video sui fatti di Rosarno. Quel giorno la palestra era affollata, ma in realtà è popolata tutti i giorni. Ogni settimana, dal lunedì al giovedì, a partire dalle 18, quel grande spazio dalle pareti bianche e in qualche punto un po’ ammuffi te, si riempie di bambini e ragazzi che partecipano ai corsi. Alle pareti campeggiano striscioni e manifesti che riportano scritte del tipo: “Nello sport come nella vita. Nella vita come nella lotta. Solidali”. E lo spirito che si respira al suo interno è davvero questo.

Finora le discipline che sono state attivate sono quattro. Il già citato Taekwondo, arte marziale coreana il cui nome significa letteralmente “arte dei calci volanti e dei pugni”; la boxe, come testimoniano i sacchi appesi a una delle pareti lunghe della palestra, attività in cui l’Uppercut collabora con l’Associazione Pugilistica
Valenzana; il calcio a cinque, sezione in cui si sono già formate diverse squadre maschili e femminili, che hanno partecipato a tornei antirazzisti e puntano per il futuro a un ingresso nei tornei Uisp, di cui l’intera Polisportiva fa parte. Infine, l’ultima arrivata, il minibasket, i cui corsi sono organizzati dalla associazione senegalese Diaspora.

Prezzi popolari per le iscrizioni, le cui quote finiscono completamente in cassa comune. Allievi e sportivi provenienti da tutte le parti del mondo, dal Nordafrica all’America Latina, dai Paesi dell’Est europeo all’Africa nera. In questa palestra tutti i giorni lo sport diventa veicolo di unione e socializzazione, il tentativo di costruire qualcosa senza grandi risorse economiche ma con grandi risorse umane, passione e serietà. Lo dimostra l’impegno di Naceur, che è anche coordinatore regionale della Fita (Federazione Italiana di Taekwondo), e nei prossimi mesi ha già programmato una serie di competizioni a livello regionale e non solo. Per una gara se ne andrà addirittura in Svizzera con i suoi allievi, a cui chiede puntualità, impegno, partecipazione. “Ogni calcio e ogni pugno preso o dato qui dentro, spiegano i ragazzi della Polisportiva, è contro il razzismo e punta alla partecipazione di tutti, senza barriere, per costruire un percorso comune di lotta contro le discriminazioni e di valorizzazione delle differenze”.

Un percorso che parte dalla strada, dalle esperienze condivise, dalle difficoltà: lo dice il nome stesso della Polisportiva, “Uppercut”, un pugno che parte dal basso.

di Ilaria Leccardi, da Piemonte Mese di maggio 2010

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