Il settore amianto è sempre stato appannaggio di Stephan Schmidheiny. Lo ha confermato il fratello Thomas, sentito oggi al processo Eternit di Torino come persona informata sui fatti. La suddivisione dei compiti è stata un fatto naturale, perché i settori sono sempre stati distinti, ha spiegato, da circa un secolo.
Thomas, che si è sempre occupato di cemento, ha detto che alla fine degli anni Sessanta primi anni Settanta, i due fratelli iniziarono un periodo di formazione nella aziende di famiglia, lui in Perù nel settore del cemento, il fratello in Brasile e in Africa per il cemento-amianto. E da metà degli Anni Settanta entrambi assunsero responsabilità di vertice ognuno nel proprio campo, inizialmente insieme al padre Max poi in modo via via sempre più autonomo fino a quando – nel 1984 – il papà si ritira dal lavoro.
Altri importanti elementi sono emersi dalla deposizione di Leodegar Mittelholzer, ex manager Eternit che è entrato nel gruppo nel 1979 e ha gestito la fase conclusiva, quella della amministrazione controllata prima e del fallimento poi. Paradossalmente è proprio nel 1984, quando l'attività di Eternit è ormai residuale e si sta concludendo, che Eternit redige "Il manuale di sicurezza". Viene spontaneo chiedersi: perché si è atteso quando ormai Eternit era a un passo dal fallimento? Forse perché a quel punto era come un libro dei sogni?
Gli avvocati della difesa hanno poi sottolineato che negli ultimi dieci anni vi furono 10-15 miliardi di lire di investimenti sull'ambiente di lavoro, ma poi - a una domanda precisa della Procura - Mittelholzer ha risposto confermando quanto detto in un processo già concluso a Siracusa e cioè che gli investimenti riguardavano la sostituzione di filtri rotti. Quindici miliardi di lire – 7,5 milioni di euro – in filtri rotti? Ridicolo...
Dalla deposizione di Mittelholzer è comunque emerso che il "Numero 1", "il proprietario" della holding amianto, del settore asbesto, insomma, era proprio Stephan Schmidheiny. Altro fatto estremamente importante: nel 1979 quando fu assunto gli fu detto chiaramente che c'era un "rischio amianto" e che consisteva in tre patologie: asbestosi, tumore al polmone e mesotelioma. Informazioni, ha precisato, che erano a disposizione di tutti i manager di Eternit. E, inoltre, che fin dal 1976 Stephan Schmidheiny si mostrava consapevole del rischio e che mirava a sostituire l'amianto con fibre alternative non pericolose. Sostituzione che non avvenne però mai - sostanzialmente - per una questioni di costi e perché Eternit non avrebbe retto il confronto con la concorrenza.
Ultimo teste Luigi Antoniani, classe 1928, con l'asbestosi dal 1975, a lungo nel consiglio di fabbrica, che tra tante esperienze ha ricordato la visita di un azionista belga con il quale gli operai chiedevano un incontro da tempo. Li ricevette nel suo ufficio durante una riunione e li maltrattò, prima dicendo di attendere e poi cacciandoli senza dar loro modo di parlare. Poi andò ai magazzini e vendendo alcune lavoratrici in attesa di iniziare il proprio turno, probabilmente ritenendole fannullone perché in quel momento erano sedute le fece licenziare in tronco.
articolo di Massimiliano Francia, dal sito de Il Monferrato del 5 luglio 2010
martedì 6 luglio 2010
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
7 commenti:
Posta un commento