A maggio era salito sulla stele che ricorda la strage di Capaci, lungo l'autostrada Palermo-Mazara del Vallo. Lunedì 15 dicembre ha montato una tenda davanti al tribunale di Palermo per urlare contro l'ingiustizia del suo licenziamento. Oggi Salvatore Palumbo ha scelto i binari della stazione per gridare ancora più forte. Si è incatenato, insieme con la moglie e i tre figli, chiedendo il reintegro a Fincantieri, l'azienda che nell'agosto 2007 lo aveva lasciato a casa, senza stipendio e con una famiglia da mantenere. Solo l'intervento delle forze dell'ordine, che hanno tranciato le catene, ha permesso di liberare i binari e far riprendere la normale circolazione dei mezzi.
Ma Palumbo non si arrenderà. Lotta contro quella che definisce un'ingiustizia, un licenziamento che Fincantieri giustifica dicendo di averlo sorpreso a pescare durante il turno di notte. Eppure già da tempo in azienda la sua posizione era diventata scomoda. Perché lui sul posto di lavoro aveva sempre avuto una sensibilità particolare per il tema della sicurezza, a tal punto da diventare "fastidioso". Ora da quasi un anno e mezzo lotta per la sua riassunzione, ma i suoi ricorsi sono stati finora respinti dal tribunale del lavoro. Adesso è Natale e non parliamo di regali, lui non sa dove trovare i soldi per dare da mangiare ai suoi figli. Lo scorso 6 dicembre era salito fino a Torino, in occasione della manifestazione a un anno dalla strage della Thyssen, per raccontare la sua storia. Ora spera che qualcuno sia disposto ad ascoltarla, lui di sicuro farà di tutto perché ciò avvenga.
giovedì 18 dicembre 2008
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