sabato 5 giugno 2010

Casalbagliano: il castello perduto

È lì, alle porte della città, un rudere inascoltato. Il grande parco qualche anno fa è stato ripulito e recintato, per impedire l’accesso. Le sue mura si consumano di anno in anno e nessuno sa quale potrà essere il futuro. Una sola certezza: se riuscirà a sopravvivere di certo non sarà semplice.

Il Castello di Casalbagliano, frazione a sud di Alessandria, ha una lunga storia che qualche cittadino ancora porta nella memoria. “Mia suocera è nata qui, proprio nella casa di fianco al Castello”, spiega un abitante del paese. “Ora ha più di novant’anni, ma quando era giovane ha visto cosa c’era all’interno di questa residenza. Statue, dipinti. E poi si facevano feste e balli. Addirittura si dice che ci fosse un tunnel che dal Castello portava fino al paese successivo, Villa del Foro. Oggi invece non c’è più nulla. È stato tutto lasciato andare...”.

La struttura è imponente, la si può ammirare percorrendo la strada che dal quartiere Cristo porta fuori città. Impossibile non vederlo, non stupirsi del suo stato di abbandono. L’elemento più evidente, e anche il più antico, è l’alta torre duecentesca, sulla quale è cresciuto un albero, e attorno a cui nei secoli successivi sono state costruite le mura merlate. “Proprio per quel caratteristico albero c’è anche stato chi, come l’architetto alessandrino Mario Mantelli, ha definito quella di Casalbagliano “torre chiomata”, come la Torre Guinigi di Lucca”. Il professor Egidio Lapenta, docente di lettere all’Istituto Saluzzo Plana di Alessandria, è quasi commosso nel ricordo. È una delle persone che alla fine degli anni Novanta cercarono di riportare l’attenzione della città sul monumento. “Il mio interesse è legato a ricordi di adolescenza. Nella mia classe studiava una ragazza che abitava a Casalbagliano e già allora il Castello non era in buone condizioni, ma adesso è tutto peggiorato”.

Abitata fino all’inizio dell’Ottocento dai Bagliani, la dimora passa poi agli Inviziati, quindi ai Petitti di Roreto e infine ai Paravicini, che vi risiedono fino agli inizi del Novecento. Divenuta ospedale militare durante la prima guerra mondiale, negli anni Trenta la villa è sede del comando fascista. All’inizio degli anni Settanta è acquistata dal Comune di Alessandria, per un restauro che non avverrà mai.

Negli anni ci sono stati lenti logoramenti e crolli, come quello del 1°
febbraio 1998 alle 18: un boato e la caduta di una parte della facciata. “Proprio pochi giorni dopo, il 14 febbraio, nacque il Comitato Amici del Castello, che fondai assieme a Don Nicola, il parroco del paese, a uno dei discenti della famiglia Bagliani e al geometra Giancarlo Guazzotti, oggi scomparso, che diede anima e corpo per questa vicenda”, ricorda ancora Lapenta. “Il Comitato di per sé non ha mai funzionato veramente, ma grazie al supporto tecnico dell’associazione Città Nuova ha
attuato iniziative di sensibilizzazione: una cartolina con l’immagine del Castello, assemblee con la cittadinanza e una mostra inaugurata dall’allora assessore alla Cultura. In quegli anni eravamo convinti di riuscire a fare qualcosa per il recupero
di questo bene. La Regione si disse disponibile a offrire un sostegno a condizione che ci fosse ad Alessandria la volontà politica di portare avanti il progetto. Volontà che evidentemente non esisteva”.

Antonio Tortorici, oggi come nel 1998 presidente della Circoscrizione Sud di Alessandria, ha seguito a lungo la vicenda. “Ci siamo confrontati più volte per cercare di sensibilizzare la cittadinanza. Lo stesso Guazzotti aveva fatto una ricerca che nel 2001 sfociò in un opuscolo sul Castello e nella proposta di un intervento che prevedeva la realizzazione di un osservatorio astronomico sulla torre e avrebbe dovuto attingere ai fondi europei”. Ma nulla se ne fece. Anzi, tra il 2002 e il 2003 la Soprintendenza ai Beni Culturali dichiarò “rudere” il complesso, rendendolo di fatto irrecuperabile, e considerando solo la torre bene di interesse storico-artistico.

“È incredibile come Alessandria si dimentichi delle sue bellezze”, commenta ancora Lapenta. “Si narra che nel parco del castello crescessero oltre 400 tipi di rose. E al suo interno erano conservate opere di artisti locali come il pittore Francesco Mensi e lo scultore Carlo Caniggia. Tutte scomparse, saccheggiate”. Eppure è notevole il valore storico della struttura. Della torre innanzitutto che, come quella di Masio o quella di Teodolinda a Marengo, fa parte del complesso di torri di avvistamento costruite nel XIII secolo; e che fu al centro di episodi storici.

“L’unico risultato che finora abbiamo ottenuto è stata l’illuminazione del Castello”, continua Tortorici. “In Comune giace da tempo il progetto per il recupero del piazzale antistante, ma non ci sono i fondi. Il primo passo dovrebbe proprio essere l’intervento sul piazzale, quindi si potrebbe pensare al recupero almeno della torre, cercando di coinvolgere vari enti pubblici. Personalmente sono sempre stato molto legato a questa testimonianza della storia alessandrina e non voglio che scompaia”.

Proprio al presidente della Circoscrizione Sud la sezione alessandrina di Italia Nostra fa appello per provare a riaprire il caso Casalbagliano. “Siamo sicuramente disponibili a partecipare a un incontro”, spiega Enzio Notti, responsabile di Italia Nostra Alessandria, che era assessore negli anni in cui il Castello fu acquisito dal Comune. “Pensiamo che si possa recuperare per attività culturali sul territorio. È una risorsa per il quartiere Cristo e tutta la zona sud di Alessandria”.

Difficilmente invece si farà coinvolgere in qualche nuova iniziativa il professor Lapenta, che ammette di aver distrutto gran parte del materiale raccolto negli anni. “Spero che si riesca a fare qualcosa, ma è già tanto se si riuscirà a salvare la torre. E io preferisco non essere più coinvolto personalmente. Purtroppo Alessandria non è una città che meriti qualcosa. Credo che l’ostacolo più grande che il recupero del Castello ha trovato sia stata l’insensibilità dei cittadini. In politici e istituzioni a volte si riscontrano interesse e attenzione. Ma la cittadinanza spesso non si accorge dei patrimoni della la nostra città, oppure non è interessata a tenerli in vita”.

di Ilaria Leccardi da Piemonte Mese di giugno

2 commenti:

www.avantipapero.com ha detto...

Questo splendido articolo è citato su www.lisondria.com

Arch. V. Arturio ha detto...

Io e la mia collega del Politecnico di Torino abbiamo realizzato una tesi pubblicata nel 2017 sul castello, ipotizzando una ricostruzione virtuale basata sul metodo d'indagine archeologica ed un eventuale intervento di recupero e valorizzazione .

Se qualcuno fosse interessato lascio indirizzo mail:

vanessa.arturio@virgilio.it