da il manifesto del 2 luglio 2009
un articolo di Gianni Minà
Alla fine il golpe militare in Honduras, il secondo paese più povero dell’America latina dopo Haiti, ha finito per nuocere più di tutti, per ora, alla nuova amministrazione Usa del presidente Barack Obama, che è rimasto praticamente con il fiammifero acceso in mano, specie considerando la sua più volte affermata intenzione di cambiare metodi e politica nel continente che, una volta, era “il cortile di casa” degli Stati Uniti.
Perchè è vero che Obama ha condannato il colpo di stato in Honduras, dichiarandosi “seriamente preoccupato per la situazione” e chiedendo “a tutti gli attori politici e sociali di quel povero paese di rispettare lo Stato di diritto”, ed è vero che sulla stessa linea si è espressa anche Hillary Clinton, ministro degli esteri, che ha ribadito “Sono stati violati i principi democratici”.
Ma nessuno può credere che l’ambasciatore Usa in Honduras, Hugo Llorenz, pronto a sua volta ad affermare “L’unico presidente che gli Stati Uniti riconoscono nel paese è Zelaya” (proprio il premier liberale deposto e cacciato in Costa Rica) non sapesse da tempo cosa stesse per succedere.
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giovedì 2 luglio 2009
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