Gli occhi si stropicciano dalle notti insonni. «Ma il morale è altissimo» assicura Giorgio al presidio di Susa. Il cellulare può squillare alle tre o alle quattro. E devi partire. Per questo lo tieni vicino al letto, con le scarpe ai bordi. In valle, se qualcuno avvista strani spostamenti, lancia subito un messaggio, un sms, una mail: «Una trivella a Susa», «Un'altra a Condove». E il tam tam corre da Venaus ad Avigliana. Non fai in tempo a vestirti, che vedi già i compagni di lotta salutarti: «Sarà düra», il motto dei No Tav. Martedì erano corsi a Susa, per il settimo sondaggio, ieri invece si sono diretti a Chiusa San Michele, dove nelle prime ore del mattino è iniziato l'ottavo dei 91 carotaggi previsti dall'Osservatorio sulla Torino-Lione guidato da Mario Virano. Militarizzato come il precedente. Ancora una volta, la trivella scortata da centinaia di forze dell'ordine. Ma non si sono lasciati sorprendere: hanno allestito presidi, bloccato il Tgv e, alla sera, respinto l'arrivo di nuovi blindati occupando la statale del Moncenisio.
Un'altra giornata di lotta lungo tutta la valle. «Sono solo sondaggi mediatici, non trivellano nemmeno. È una prova di forza per sbloccare i fondi di Bruxelles», rincara Giorgio: «Non è come la raccontano i giornali, il movimento è forte. Pensi che ha appena chiamato una signora da Genova, ci invita a resistere e sabato sarà con noi». Ci sarà una grande manifestazione a Susa contro la Tav e contro tutte le mafie, attese più di ventimila persone.
Al presidio, vicino all'autoporto, fa freddo e ci si scalda con il fuoco e il tè. «Avevano detto che i carotaggi sarebbero stati alla luce del sole, trasparenti, avvisando i sindaci. Invece sono venuti di notte, come i ladri» racconta Pupi che di mestiere fa l'edicolante ed è appena tornato dai due presidi di Condove e Chiusa San Michele, più a valle. Li hanno allestiti in mattinata, uno vicino alla rotonda della statale 24, quella del Monginevro, l'altro dall'altra parte dei binari. In mezzo uno spiegamento massiccio di carabinieri che hanno impedito l'accesso alla stazione. «Sono le forze dell'ordine a bloccare il passaggio» recita un cartellone dei manifestanti lungo la strada. Momenti anche di tensione con una carica dei carabinieri.
«Abbiamo cercato di forzare il blocco - racconta Alberto Perino del movimento - perché le forze dell'ordine facevano passare solo chi aveva l'abbonamento mentre l'accesso alla stazione deve essere garantito a tutti. Sono stato colpito da una ginocchiata e sono stato gettato a terra».
A mezzogiorno, la lotta si sposta a Sant'Antonino, il comune di cui è sindaco Antonio Ferrentino, che nel 2005 era uno dei leader dei No Tav. Tempo n'è passato: è rimasto l'unico tra i sindaci della Valle a rimanere nell'Osservatorio. Gli altri si sono ritirati. Dopo un'assemblea, i manifestanti si dirigono alla stazione. Sta per arrivare il Tgv. Non scendono tra i binari, agitano le bandiere, quelle classiche bianche e rosse. Ci sono anziani e giovanissimi. Chi ha la barba bianca e chi va ancora a scuola, non vogliono che la Tav devasti un territorio già fin troppo martoriato. Il Tgv arriva, si ferma. Una ragazzina dice sottovoce «con tutti i ritardi per motivi futili, finalmente una giusta causa». Scende il macchinista, i manifestanti gli offrono un trancio di pizza. Lui sorride, si dimostra solidale: «Se non fossi sopra, sarei lì con voi». Un nastro lanciato da un marciapiede all'altro inaugura un'immaginaria stazione: «Sant'Antonino la Trippa». Al megafono, sarcastici: «Sarà contento il sindaco Ferrentino, Sant'Antonino ha la sua stazione internazionale dove si fermano pure i Tgv». Passano più di quaranta minuti. «Giusto il tempo per far rimborsare i biglietti ai passeggeri».
A Condove più a Valle il presidio continua, tra panettone e vin brulé. Arriva gente. C'è Simone che è stato buttato giù dal letto da un sms alle 6, c'è Elisa che viene a dar man forte compatibalmente al ruolo di mamma di una bimba di quattro mesi. I carabinieri, invece, rimangono in posizione, a piedi stretti. Dei sondaggi non è stato nemmeno avvertito il sindaco Domenico Usseglio che si è presentato all'alba: «Il prefetto Paolo Padoin aveva assicurato di informarci, è stata una grave scorrettezza». I No Tav vogliono la valle libera, scandiscono cori: «Giù le mani dalla Val Susa», «Fuori le truppe di occupazione». Intanto, alle spalle delle forze dell'ordine arriva un regionale. È «la beffa dei manifestanti». Una quarantina, partiti da Sant'antonino, scendono alla stazione in mezzo ai due cordoni, aggirarando il blocco. Qualcuno si avvicina alla trivella. Un ragazzo ci rimedia una manganellata e finisce all'ospedale di Susa.
A Susa avevamo lasciato Giorgio e Pupi. Si avvicina anche Emilio: «I media ci dipingono come egoisti. Noi lottiamo per tutti, perché i soldi della Tav e quelli per le forze dell'ordine sono di tutti gli italiani. Dicono che siamo isolati, non è vero qui passano i principali collegamenti con la Francia». Roberto riassume le infrastrutture: «Due statali, una ferrovia internazionale e una locale, più un'autostrada, il traforo del Frejus, oltre alla Dora Baltea. Concentrati in una valle stretta, con una forte incidenza tumorale». Emilio: «Tu ce li faresti vivere i tuoi figli?». Sono decisi, uniti. Anche se non riusciranno a bloccare tutti i sondaggi, L'obiettivo principale è fermare la Tav: «Passeran nen».
di Mauro Ravarino da il manifesto del 21 gennaio 2010
giovedì 21 gennaio 2010
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