giovedì 14 gennaio 2010

Ricostruzione di paglia

Un paesino distrutto dal terremoto, 45 abitanti testardi. E 60 volontari visionari: un piccolo miracolo italiano a Pescomaggiore, un borgo di origine medioevale a 12 chilometri da L'Aquila


L'AQUILA - Piero ha il volto sporco d’intonaco, sta completando gli ultimi ritocchi della nuova casa. Fuori fa già freddo, eppure la neve non lo spaventa. Lui vive qui da sempre, in questo paesino alle pendici del Gran Sasso. Nemmeno il terremoto gli ha fatto cambiare idea: “Sono stanco di stare in roulotte. Ormai sono otto mesi da quando la mia casa è inagibile. Ma la mia terra non la voglio abbandonare”. I 45 abitanti di Pescomaggiore, un borgo di origine medievale a 12 chilometri da L’Aquila e a quasi mille metri sul livello del mare, si sarebbero dovuti spostare a Camarda, in una delle tante new town previste dal piano di ricostruzione del Governo, nove chilometri più a valle. Non se ne sono andati.

Quattro per ora le case che stanno prendendo forma. I loro muri sono fatti di paglia. Balle rettangolari, accatastate anche negli angoli del cantiere. “Al di là di quello che si possa pensare, la paglia è un materiale ottimo per la costruzione: solido, capace di non disperdere il calore e isolare dai rumori. E soprattutto economico ed ecologico”, spiegano Paolo Robazza e Fabrizio Savini, fondatori del “Beyond architecture group studio mobile”, team di architetti che si propone di dare il proprio contributo al recupero del patrimonio architettonico dell’Abruzzo. Hanno alle spalle diverse esperienze di “architettura sostenibile e partecipata”: Robazza in Sudafrica, Savini in Spagna e Brasile.

Sono loro la mente del progetto Eva (Eco villaggio autocostruito), un’idea che avevano in mente da tempo e che nella tragedia del terremoto ha trovato vita. “Avevamo il desiderio di realizzare progetti partecipati con il coinvolgimento dei cittadini. Cercavamo chi ascoltasse le nostre soluzioni”, raccontano gli architetti. A Pescomaggiore c’era invece chi, come i ragazzi del Comitato per la rinascita del paese (nato ben prima del sisma, nel settembre del 2007), pensava si potesse ricostruire usando materiali poveri, appunto la paglia. Volevano provare, ma non sapevano come.
E così, via. Si è unito al gruppo Caleb Murray Bourdeau, irlandese, lunghi capelli rossi e sorriso sornione. Un esperto nella costruzione con materiali di recupero. E dopo 133 giorni dal terremoto, un paio di mesi di progettazione e le assemblee (non sempre unanimi) per definire i particolari, il 20 agosto il cantiere si è aperto. A 160 metri dal vecchio borgo, su terreni dati in concessione da due abitanti, sono stati prima costruiti i basamenti di cemento e poi innalzati i pali in legno, scheletro per le abitazioni. Alla fine saranno sette, per 22 persone. “Abbiamo previsto due modelli fondamentali -racconta Paolo-: uno da 40 metri quadri con una sola camera da letto, l’altro da 56 per famiglie più numerose. Entrambe con un ampio salone cucina, spazio della socialità, attorno a un caminetto che con la legna scalderà l’ambiente”. Dettaglio di un piano di ecosostenibilità, che si completa con i panelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica e un impianto di fitodepurazione per il trattamento delle acque di scarico. E poi grandi finestre e una veranda che dà sulla vallata, perché chi ha vissuto il terremoto deve avere la sicurezza di uscire con facilità. “Così sarò anche più vicino alle mie pecore”, ride Piero.

In tutto finora sono stati spesi 70mila euro, provenienti da donazioni e dall’autofinanziamento dei residenti. “Se il piano Case (Complessi antisismici sostenibili ecocompatibili, ndr) del Governo costa 2.700 euro al metro quadro, noi siamo stati più bravi, ne spendiamo solo 500”, spiega Fabrizio.

Ma la vera forza del progetto è nei volontari. Sessanta, da ogni parte d’Italia e pure dall’estero. C’è Max da Trieste, dove ha fondato una banca del tempo e fa il traslocatore, era già stato in Thailandia dopo lo tsunami del 2004: “Volevo venire giù subito, appena dopo il sisma. Quando ho letto su internet l’appello per salvare Pescomaggiore, mi sono precipitato”. Luciano, marchigiano, senza smettere di fumare “arriccia” il muro della casa di Piero: è uno dei pochi con esperienza in ambito edilizio, restaura volte a crociera.

Arianna, 27 anni, ha studiato filosofia e vorrebbe fare l’insegnante steineriana: “Sono arrivata qui ad agosto, poco dopo l’inizio dei lavori”. È grazie a lei che si sono uniti anche gli alpini di Caoria (Tn), il suo paese. “Loro sì che ci hanno dato un grande aiuto, in pochi giorni hanno tirato su una casa”. E poi Silvia, Ines e tanti altri ancora. Vivono in una piccola casa del paese, una delle poche agibili, come in una comune. Tra i gatti e i sughi al pomodoro, i libri e i materassi incrociati. In primavera sarà tutto pronto e Pescomaggiore sarà di nuovo in vita.

Ilaria Leccardi e Mauro Ravarino
Da Terre di mezzo di gennaio

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